"Ok, I write overblown, purple, self-indulgent prose. So fucking what?”: è il 1992, una delle ultime interviste che Angela Carter rilascerà prima di morire a soli 51 anni.
“Scrittrice, docente universitaria, polemista” così lei stessa si descriveva. Carter fu senza dubbio una delle migliori cantastorie del ‘900, abile tessitrice di miti e archetipi, pochi come lei hanno saputo stupire, sconvolgere, turbare: una narratrice della trasformazione capace di anticipare i tempi e portare con sé il lettore in questa rivoluzione.
Notti al circo esce nel 1984 ed è probabilmente il più famoso (e accessibile) tra i suoi lavori, racconta con uno stile teatrale e grottesco la storia di Fevver, ammaliante donna-uccello, e del suo giovane e scettico intervistatore Walser che, come il lettore, rimane stregato dalla protagonista, trascinato dalla narrazione straniante di Carter in un sogno carnevalesco. Fevver è un ibrido, un corpo alato ma non angelico, che ribalta con il suo essere provocatoria ed esagerata la femminilità normalizzata e incarna la volontà di Carter di ribaltare e riscrivere una Storia unica (e, fin troppo spesso, maschile). Notti al circo sembra quasi un manifesto di questo desiderio (oltre che della grandezza immaginifica di Carter), splendidamente riuscito anche dal punto di vista formale grazie alla sua scrittura composita, che prende a manciate dal realismo magico al postmodernismo fino alla fiaba o all’intero canone occidentale.
Angela Carter ha creato donne padrone del proprio desiderio e del proprio destino, le ha rese finalmente protagoniste come agenti e non oggetti della narrazione, e Fevver con le sue ali è uno dei simboli più potenti che ci abbia regalato 📚