La figlia unica di Guadalupe Nettel (La Nuova Frontiera) è un romanzo emozionante e delicato su che cosa significhi essere madre, sulle tante possibili forme in cui si presenta la cura degli altri, sull'amore che non ha bisogno di legami di sangue per mostrarsi. Tre donne, tre storie diverse che si intrecciano in profondità.
C'è Alina, che non ha mai voluto figli e che a un certo punto si scopre a desiderarli. Non riesce a rimanere incinta, le prova tutte, poi ce la fa: lei e il compagno, Aurelio, sono radiosi. Durante la gestazione però si scopre che la bambina, che già tutti chiamano Ines, soffre di un grave problema genetico, ed è probabile che non sopravviva. “Non importa, voglio conoscerla: è la mia ultima possibilità di essere madre”, dice Alina, e sceglie di proseguire la gravidanza. Ines nascerà e insegnerà ai genitori che cosa sia la tenacia, la voglia di vivere, e aprirà loro un nuovo mondo.
C'è Laura, la protagonista e voce narrante, amica di Alina da quando avevano vent'anni, che è sempre stata così sicura di non volere bambini da prendere la decisione di farsi legare le tube. Attraverso il suo sguardo seguiamo le vicende di Alina e Aurelio, le preoccupazioni per la salute di Ines, l'improvvisa curiosità per Nico, il bambino della vicina di casa, e il desiderio di passare del tempo con lui. Perché non serve avere dei figli per essere madre, non serve essere madre per prendersi cura degli altri.
C'è Doris, la vicina di casa. Madre, vedova, sola, ingabbiata in un dolore antico, in una depressione profonda che la rende incapace di assumere un ruolo di cura. Per guarire, dovrà abbandonare il ruolo di madre e rifugiarsi di nuovo in quello figlia, lasciarsi guidare, farsi portare fuori.
C'è, infine, una famiglia di uccelli che fa il nido sul balcone di Laura, e che ci insegna che quasi mai la famiglia è una questione di sangue, e sempre invece è una questione di cura.
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