La casa dei tuoi sogni è in realtà una casa infestata, ma quando lo realizzi ormai è troppo tardi, perché come potevi sapere che quella bellissima ragazza bionda, ironica e laureata ad Harvard sarebbe diventata l’incubo da cui scappare?
Carmen Maria Machado spezza il silenzio che circonda l’abuso nelle relazione queer: un tema così poco esplorato che sembra quasi che non esista, invece l’autrice con brutale onestà disseziona davanti ai nostri occhi la propria relazione, raccontando una storia altrimenti destinata agli archivi del silenzio.
Ciò che rende assolutamente unico questo memoir è il talento immaginifico dell’autrice che prende in prestito a larghe bracciate dal cinema, dalla letteratura, dalla cultura pop. Tutto grida “postmoderno”, dalla struttura (ogni capitolo ha un titolo che ne fornisce la chiave di lettura, dal genere letterario a cui si ispira al trope che utilizza, che sia la gothic fiction o il narratore inaffidabile o uno stupendo uso della letteratura ergodica) alle note che ci mostrano lo scheletro di una fiaba contemporanea evidenziando nel testo motivi ricorrenti del racconto popolare (e l’interesse per una reinterpretazione contemporanea della fiaba emerge dall’eco di Angela Carter, spesso citata esplicitamente o meno).
Machado già mi aveva conquistato con la raccolta di raccolti “Il suo corpo e altre feste” (che ha molti semi in comune con questo libro: la sessualità, l’abitare un corpo non conforme, l’ampio spettro delle relazioni, la scrittura brillante) ma ora sono come sotto incantesimo: non voglio mai più leggere autofiction diversa dalla sua, intima e sperimentale.
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