L'Orma prosegue la sua opera di pubblicazione dei romanzi di Annie Ernaux (tradotti da Lorenzo Flabbi), e io non smetterò mai di ringraziarli per questo.
La donna gelata è il terzo romanzo dell'autrice e ha esattamente quarant'anni, ma per stile e temi potrebbe essere stato scritto oggi. Annie Ernaux, anche qui, parla di sé, utilizza la sua vita per fare letteratura e, come sempre, riesce a tradurre il particolare nell'universale, la sua voce qui risuona come la voce di tutte le donne che si sono sentite costrette, limitate, gelate fra le quattro mura di un appartamento in affitto. Sì, perché nella Donna gelata Ernaux racconta la sua formazione femminile, di com'è diventata quella donna che, parafrasando Simone De Beauvoir, non si nasce mai ma, appunto, si diventa e basta. Dall'infanzia nella campagna francese del secondo dopoguerra, cresciuta in una famiglia dove a far da mangiare era l'uomo e che poi scoprirà essere “strana” anche per questo, ai primi turbamenti adolescenziali, dalla scoperta delle relazioni, dei maschi e di come fare per piacergli, agli anni dell'università, delle scelte importanti che convergono tutte al un solo destino, che sembra già scritto, di moglie di madre, e che lei accoglie con tutte le buone speranze di una giovane sposa. E lì, però, la scoperta che sta vivendo la vita di qualcun altro, che le parole “matrimonio” e “maternità”, negli anni anni '60, non suonavano poi tanto diverse da “costrizione” e “rinuncia”.
Un romanzo per chi continua a interrogarsi su cosa significhi nascere donna in un mondo deciso esclusivamente dagli uomini, per chi sta leggendo Il secondo sesso e vuole vederlo tradotto in un romanzo, per chi sa che, anche oggi, il percorso di una donna verso se stessa non è quasi mai una linea retta, ma sempre un labirinto.