“Sulla chaise-longue” è la prova provata che bastano 150 pagine scarse per spaventare un lettore: richiede tanta luce e finestre ben spalancate, perché piano piano risucchia tutta l’aria nella stanza ed è capace di lasciarti in uno stordimento claustrofobico.
Pubblicato nel 1953 con il titolo “The Victorian Chaise Longue”, questo romanzo da scritto da Marghanita Laski (classe 1915, profondamente inglese) fu presto dimenticato (e come tutti i libri dimenticato finì in quel limbo chiamato “fuori catalogo”).
Grazie alla sua riscoperta in tempi recenti da parte di Persephone Books, una casa editrice inglese con il pallino per le scrittrici misconosciute, viene intercettato da @8tto_edizioni che se ne innamora e ci regala la prima edizione italiana con la traduzione di Cristina Cigognini.
È un romanzo che balla sul confine tra gotico e weird, Laski usa il viaggio nel tempo come pretesto per raccontare la storia di due donne entrambe malate ma lontane nel tempo (spoiler: non nello spazio): è un documento prezioso della difficoltà di essere donna in un mondo in cui non ti è permesso scrivere le regole, ma sei sottoposta a una perpetua sorveglianza.
Laski ci introduce lentamente nel più atavico degli orrori, l’incertezza dell’identità e la consapevolezza di essere intrappolati inesorabilmente in una condizione che non si può né influenzare né comprendere.
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