150 pagine e 15 racconti: la misura di Amy Hempel per costruire una raccolta praticamente perfetta, arguta e audace, in cui dipinge atmosfere vivide con uno stile unico.
I racconti sono fortemente disomogenei nelle lunghezze, che variano da neanche una pagina a più di 60, eppure in tutte le forme Hempel si muove a suo agio creando e distruggendo personaggi spesso senza neanche un nome ma di cui riusciamo a intravedere passato, presente e futuro grazie a poche, pochissime ma precise pennellate. Contemporaneamente però riesce ad essere omogenea, ogni racconto è una perla invidiabile con tutte le parole al posto giusto e ognuna con il suo giusto peso, d’altronde Hempel ha studiato a New York con Gordon Lish, storico editor di Carver, da cui sicuramente ha imparato una cosa: l'arte della sottrazione. Non esiste il superfluo in queste pagine, la sensazione è quella che si prova quando ci si trova di fronte a un testo antico in cui ogni parola va interpretata per riuscire a cogliere il senso del racconto (e sperare che questo sia salvifico).
Con mia sorpresa ho apprezzato (forse più di tutto) i racconti brevissimi, perché sono come dei flash, che con una luce forte, bianca e precisa sanno dove colpire: sulle nostre paure mortali, sui desideri inespressi, sui cuori soli, sulle persone sospese, sulle coppie danneggiate.
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